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In questo spazio troverai riflessioni e strumenti di coaching pensati per genitori di bambini con Trisomia 21.
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In italiano, "glitch" si traduce come "guasto", "difetto di funzionamento", "problema tecnico" o "inconveniente". Si riferisce a un errore o un difetto, spesso temporaneo, che causa un malfunzionamento o un comportamento inaspettato in un sistema, software o hardware
Questo articolo prende spunto da una Nota letta tempo fa qui su Substack, di cui purtroppo non ricordo l’autore e me ne scuso. Ciò che mi aveva colpito era l’idea del Glitch descritto come un'anomalia temporanea e transitoria che non compromette il funzionamento complessivo. Questa metafora mi ha fatto riflettere sul fatto che noi genitori di bambini con Trisomia 21, e probabilmente in generale tutti i genitori di bambini con disabilità, siamo spesso vittime di bias cognitivi che ci rallentano, come ho approfondito in questo articolo:
Molti genitori, soprattutto nei primi tempi dopo la “diagnosi”, si trovano a fare i conti con un bias cognitivo profondo: la tendenza a confrontare continuamente il proprio bambino con un un modello standard interno di "normalità" costruito socialmente e culturalmente. Questo filtro inconsapevole genera frustrazione, senso di perdita, e una difficoltà ad accogliere il figlio per ciò che è davvero, al di là delle aspettative. In me questa riflessione ha aperto uno spazio nuovo. Mi sono chiesto: e se fosse il nostro modo di percepire ad essere "difettoso"? Se l'apparente anomalia genetica – quel cromosoma in più nella trisomia 21 – fosse in realtà un glitch, un errore apparente che porta con sé un senso profondo e generativo?
Nel linguaggio informatico, il glitch è un malfunzionamento momentaneo, ma anche una crepa che rivela. Da qui nasce il parallelo: il genoma dei bambini con trisomia 21 come un glitch umano che interrompe il codice dominante e apre nuovi spazi di significato. Questa immagine mi ha accompagnato mentre scrivevo le riflessioni che seguono. Non per idealizzare o edulcorare la disabilità, ma per uscire dal paradigma riparativo e iniziare a vedere nella T21 una soglia da attraversare, non un errore da correggere.
Il glitch è la frattura nel codice che ci obbliga a vedere diversamente. Nella T21, quel glitch diventa esperienza viva: un’alterazione genetica che interrompe il flusso della normalità e genera mondi affettivi alternativi.”
1. Glitch come errore percettivo
Nel linguaggio informatico, come ho già accennato il glitch è un malfunzionamento momentaneo, un errore del sistema che non ha rilevanza strutturale ma che, per un attimo, rompe il flusso della norma. In ambito estetico e culturale, però, il glitch ha assunto un significato ben più profondo: è l’interruzione che rivela, lo squarcio che mostra ciò che di solito resta nascosto sotto l'apparente perfezione del codice.
Nella nostra percezione della disabilità – e in particolare della trisomia 21 – esiste qualcosa di analogo. L'"errore" cromosomico viene osservato come una deviazione rispetto allo sviluppo atteso. Linguaggio, relazione, movimento, apprendimento: tutto ciò che non rientra nei parametri convenzionali viene percepito come disfunzione, mancanza, anomalia.
Ma se rovesciassimo la prospettiva?
Se quel che chiamiamo errore fosse semplicemente un’altra forma di codifica del reale? Un glitch percettivo non nel bambino, ma in noi.
"Vedo un difetto, ma forse è solo una frequenza che non capto ancora."
Ciò che appare come stonatura potrebbe essere, in realtà, una melodia su una scala diversa. Forse il bambino con T21 non sbaglia i tempi della comunicazione, ma ci sta invitando a ricalibrare i nostri. Forse non è rallentato, ma immerso in una diversa densità dell’esperienza. Il glitch, allora, non è solo qualcosa che si rompe, ma qualcosa che ci costringe a guardare di nuovo.
2. Glitch come soglia generativa
Il glitch non è solo un errore. È anche una soglia. Un punto di rottura che apre, genera, trasforma. Nei nostri bambini, questo glitch genetico – la presenza di un cromosoma in più – può essere vissuto come una soglia generativa: una finestra su un altro modo di intendere l’abilità, il tempo, il corpo e la relazione.
In una società che corre verso l’efficienza, la performance, la competizione, i nostri bambini non seguono il ritmo, non rispondono come ci aspettiamo, non si adeguano al codice dominante. E in questa "deviazione" si apre uno spazio nuovo.
Uno spazio in cui:
il tempo affettivo prevale su quello produttivo,
il corpo non è uno strumento da ottimizzare, ma una presenza viva,
la relazione non è prevedibile, ma continuamente creativa, intuitiva.
"Nel glitch del cromosoma in più, non c'è solo un errore. C'è una finestra aperta sul possibile."
Questa finestra, come dico spesso, però, va abitata. Non basta guardarla da lontano. Richiede che ci lasciamo cambiare. Che ci spostiamo dal nostro centro. Che mettiamo in discussione non il bambino, ma il nostro stesso modo di stare al mondo.
3. Il glitch come maieutica
C’è una saggezza invisibile nel glitch. Un sapere che non si esprime con le parole, ma con il modo in cui ci obbliga a rallentare, a sentire, a rinegoziare ogni gesto.
Forse il glitch è una forma di maieutica contemporanea.
La maieutica, dal greco "arte del far partorire", è il metodo usato da Socrate per aiutare gli altri a far emergere le proprie verità interiori. Non insegna qualcosa dall'esterno, ma stimola una nascita interiore attraverso il dialogo e l’esperienza.
Così anche il glitch – e con esso la presenza dei nostri bambini – non ci impone un sapere, ma ci invita a generarlo dentro di noi. È un’educazione che non passa per concetti, ma per trasformazioni profonde. Nel vivere accanto a un bambino con T21, possiamo scoprire che la realtà ha molte più sfumature di quelle previste dal nostro schema mentale. E che proprio nella deviazione si manifesta il senso. Non un senso da correggere. Ma un senso nuovo, che può guidarci oltre l’umano normato, verso un umano più reale, vulnerabile e intero.
«I bambini non hanno bisogno di genitori perfetti, hanno bisogno di genitori autentici. Se mostriamo loro rispetto, empatia e ascolto sincero, li aiuteremo a crescere competenti e fiduciosi in se stessi.»
- Jesper Juul (psicoterapeuta e consulente familiare danese)
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COMPITI DELLA SETTIMANA
Questa serie di esercizi nasce come estensione pratica dell'articolo e rappresenta un percorso quotidiano per genitori che desiderano spostare lo sguardo: dal "correggere" al "comprendere", dal "bias" all'incontro reale con il proprio bambino. L’ideazione degli esercizi è stata pensata per offrirti il tempo di riflettere, approfondire e sperimentare nell'arco di una settimana.
Sei pronto? Prendi il tuo quaderno e partiamo!
Giorno 1 – Mappa dei bias
Titolo: “Cosa sto ancora aspettando che sia?”
Esercizio: Scrivi una lista di aspettative non dette che hai sul tuo bambino (es. “Dovrebbe parlare già”, “Dovrebbe interagire come gli altri”).
Accanto ad ogni aspettativa, chiediti: È reale? È mia? È utile o mi sta allontanando da lui?
Perché questa domanda?
Perché spesso proiettiamo sul nostro bambino immagini, desideri o confronti che derivano da uno schema o idea di normalità interiorizzato prima della nascita. Questa domanda serve a smontare quei pensieri automatici, e ci permette di distinguere tra ciò che è autentico e ciò che nasce da un confronto invisibile.
Che scenari apre?
Questo esercizio può aprire uno spazio emotivo di grande profondità: accorgersi delle proprie aspettative inconsapevoli è il primo passo verso un incontro reale con il proprio figlio, liberato dalla pressione del dover essere altro. Da lì può nascere una relazione più sincera, più libera e più radicata nel presente.
Giorno 2 – Riconoscere il glitch
Titolo: “Dov'è il glitch che non comprendo (ancora)?”
Esercizio: Ripensa a un momento in cui tuo figlio ha fatto qualcosa di “fuori norma” o difficile da interpretare.
Scrivi cosa hai provato, cosa hai pensato e poi riscrivilo come se fosse un messaggio da un altro linguaggio.
Es: "Non risponde" → “Forse comunica in un modo che io non ho ancora imparato a leggere”.
Perché questa domanda?
Perché ciò che interpretiamo come errore o mancanza spesso è solo un linguaggio diverso, che non conosciamo ancora. Questo esercizio ti aiuta a decentrarti e a sospendere il giudizio automatico, invitandoti a esplorare l'ignoto invece di correggerlo.
Che scenari apre?
Ti permette di allenare uno sguardo più curioso e meno giudicante. Trasformare un “non capisco” in un “sto imparando a leggere” apre la possibilità di una comunicazione nuova, più profonda e autentica, che nasce dal riconoscere l’altro per ciò che è, non per ciò che ci aspettiamo sia.
Giorno 3 – Il ritmo del corpo
Titolo: “Un tempo nuovo per stare insieme”
Esercizio: Dedica 15 minuti a seguire i gesti e i tempi di tuo figlio senza guidarlo. Solo osserva, ascolta, imita se vuoi.
Al termine, scrivi: Cosa ho scoperto nel suo ritmo? Cosa mi ha sorpreso?
Titolo: “Un tempo nuovo per stare insieme”
Esercizio: Dedica 15 minuti a seguire i gesti e i tempi di tuo figlio senza guidarlo. Solo osserva, ascolta, imita se vuoi.
Al termine, scrivi: Cosa ho scoperto nel suo ritmo? Cosa mi ha sorpreso?
Perché questo esercizio?
Perché spesso, nel nostro ruolo di genitori, siamo portati a dirigere, insegnare, correggere. Questo esercizio ti invita invece a fermarti e sintonizzarti con il tempo corporeo e affettivo del tuo bambino. Un tempo che spesso non è lineare, né funzionale, ma pieno di significati sottili.
Che scenari apre?
Ti permette di entrare in una modalità più ricettiva, meno performativa. Potresti scoprire dettagli, gesti, modi di comunicare che ti erano sfuggiti. Questo esercizio può aprire la strada a una relazione più incarnata, in cui la presenza vale più della guida, e il corpo diventa un ponte di connessione autentica.*
Giorno 4 – Il glitch in me
Titolo: “E se fossi io quello con il bug?”
Esercizio: Rifletti su un comportamento tuo che tende a voler “aggiustare” o correggere.
Poi chiediti: Cosa cerco davvero di sistemare: lui o la mia paura?
Scrivi una frase nuova, più compassionevole, per affrontare quella situazione.
Perché questo esercizio?
Perché spesso, di fronte a qualcosa che non comprendiamo, sentiamo l'urgenza di correggere, sistemare, rimettere in ordine. Ma questa spinta nasce quasi sempre da una paura interiore: quella di perdere il controllo, di sentirsi inadeguati, di non sapere come fare. Riconoscere che il bisogno di correggere nasce da una fragilità nostra è un atto di verità e di apertura.
Che scenari apre?
Questo esercizio può aprire uno spazio di tenerezza e responsabilità. Ti aiuta a distinguere il tuo sentire da quello di tuo figlio, e a comprendere che a volte il vero cambiamento non sta nel trasformare l'altro, ma nel accogliere la tua vulnerabilità e agire da lì, con più presenza e meno reazione. È un invito alla compassione reciproca: verso te stesso e verso il tuo bambino.
Giorno 5 – Diario della soglia
Titolo: “Sono entrato oltre la norma?”
Esercizio: Descrivi una giornata in cui ti sei sentito oltre il confine delle definizioni (normalità, educazione, progresso...).
Cosa hai sentito in quel momento?
Quali parole ti vengono se non usi né “ritardo” né “problema”?
Perché questo esercizio?
Perché il linguaggio che usiamo per descrivere la realtà plasma il nostro modo di viverla. Spesso, senza accorgercene, usiamo parole che appartengono a un paradigma patologizzante. Questo esercizio ti aiuta a osservare la realtà con occhi nuovi, rinunciando ai filtri automatici e cercando parole che descrivano l’esperienza, non il giudizio.
Che scenari apre?
Ti invita a entrare in uno spazio di consapevolezza espansa, dove le definizioni si fanno fluide e si aprono nuovi modi di narrare ciò che vivi. Potresti scoprire che oltre le categorie c’è un’esperienza più autentica, fatta di presenza, intuizione e verità soggettiva. È un invito a riconoscere che nella soglia esiste un mondo intero, spesso più ricco e vitale di quello dentro i confini normativi.
Giorno 6 – Lettera dal futuro
Titolo: “Papà/Mamma, ho visto oltre il glitch”
Esercizio: Immagina di ricevere una lettera da tuo figlio a 20 anni.
Ti racconta cosa ha significato per lui essere visto non come un errore, ma come una fessura di luce.
Scrivila tu, con la sua voce.
Perché questo esercizio?
Perché ci permette di uscire dal tempo presente e dal carico emotivo che spesso ci condiziona. Proiettarsi nel futuro è un atto immaginativo potente che ci consente di vedere il nostro percorso da un altro punto di vista: quello della gratitudine, della comprensione che arriva col tempo, dell’evoluzione della relazione.
Che scenari apre?
Questa scrittura simbolica può generare un forte impatto emotivo e liberatorio. Ti aiuta a rileggere il tuo sguardo come genitore, a dare valore a ciò che stai costruendo oggi, anche se non ne vedi ancora tutti i frutti. È un esercizio che può lenire il senso di colpa, rinnovare la fiducia, e risvegliare la visione: tuo figlio non è un progetto da completare, ma una presenza viva da accompagnare. E tu, in questa visione, puoi scoprirti molto più capace e saggio di quanto pensi.
Giorno 7 – Mantra del senso
Titolo: “Non un errore da correggere, ma un senso da attraversare”
Esercizio: Crea una frase-mantra che possa aiutarti nei momenti in cui senti la fatica del confronto con la normalità.
Es: “Lo accompagno, non lo aggiusto.”
Scrivila, rileggila ogni sera. Falle spazio.
Perché questo esercizio?
Perché nei momenti di frustrazione o fatica, la mente tende a tornare ai suoi automatismi: il confronto con gli altri, l’idea di dover “portare tuo figlio al passo”, il senso di inadeguatezza. Il mantra è una forma di ancoraggio: una frase semplice ma potente che ti riconnette alla tua visione più profonda.
Che scenari apre?
Questo esercizio apre uno spazio di auto-regolazione emotiva e di centratura. Ripetere il mantra, soprattutto nei momenti critici, ti permette di ricordare la direzione che hai scelto: quella dell’accoglienza, della presenza, della fiducia nei tempi e nei modi del tuo bambino. È un modo per radicare una nuova narrazione dentro di te, giorno dopo giorno.
Buona lettura e se qualcosa ti ha risuonato oppure hai qualche domanda o commento non esitare a scrivermi! Se vuoi puoi prenotare una call gratuita, parlare può cambiare tutto.
A presto, carlo
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Libro
Il bambino è competente di Jesper Juul - Un libro rivoluzionario che invita genitori ed educatori a ripensare il proprio approccio educativo. Secondo Juul, i bambini nascono già dotati di competenze emotive e relazionali: non sono pagine bianche da scrivere, ma partner capaci di interagire e crescere attraverso dialoghi autentici e rispettosi. Un testo prezioso per chi vuole costruire relazioni familiari armoniose e favorire lo sviluppo dell'autostima nei bambini.
Qui potrai scaricare un PDF la scheda del libro con il riassunto dei concetti più importanti del libro ➔ SCHEDA DEL LIBRO
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