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In questo spazio troverai riflessioni e strumenti di coaching pensati per genitori di bambini con Trisomia 21.
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Ci sono momenti nella vita in cui vedi qualcosa con estrema chiarezza. È come se, all’improvviso, il velo si sollevasse e tu potessi finalmente guardare negli occhi una nuova possibilità. Accade spesso durante i percorsi che faccio con mamme e papà di bambini con Trisomia 21 - ma questo succede anche con atleti di endurance -. Dopo un esercizio di osservazione profonda, silenziosa, senza filtri, qualcosa si apre. Il genitore inizia a vedere le abilità uniche del proprio figlio. Non più solo difficoltà da “recuperare”, ma risorse da nutrire. Flessibilità, intenzionalità, intuizione, potenzialità. Ed è lì che nasce la visione:
“Posso davvero accompagnare mio figlio a diventare ciò che è. C’è così tanto da potenziare, così tanto da far emergere.”
È un momento potente, davvero incredibile. Spesso liberatorio. Un punto di svolta. Eppure, dopo qualche giorno o settimana, mi accorgo che quella visione resta sospesa. Non genera un cambiamento visibile. Non modifica i gesti, le parole, le scelte quotidiane. Non si trasforma in movimento.
La visione è come la prima salita in una gara di ultracycling
Chi ha fatto anche solo un tratto in bici in un’ultracycling lo sa bene: puoi studiare la mappa, visualizzare il percorso, preparare la strategia…ma nulla sostituisce il momento in cui, con gambe a pezzi e fiato corto, devi spingere sui pedali. Soprattutto quando sei da solo, in mezzo al nulla, e non sai quanto manca ad arrivare in cima. La visione funziona allo stesso modo. Non è la fine del viaggio, è solo il via. Se resta mentale, se non si trasforma in fatica, sudore e costanza… non serve. Non cambia nulla. E questo, per molti genitori, è il punto cieco più sottile. Quel luogo nascosto dove la visione sembra già trasformazione…ma in realtà è ancora solo una bella immagine non vissuta.
La visione non è un sogno: è una chiamata interiore
Nel mio metodo, la visione non è un’idea idealizzata o un’aspettativa da proiettare sul bambino. È il frutto di uno sguardo nuovo, concreto, basato sull’osservazione autentica del bambino com’è. Un vedere senza filtri, senza confronti, senza la pressione di “aggiustare”. Quando questo accade, la visione si fa reale. Non nasce dal pensiero… nasce dal sentire. E apre possibilità che prima sembravano lontane. Ma attenzione: la visione non basta da sola. È solo l’inizio. Una visione che non viene nutrita dall’azione è come un seme lasciato sulla superficie della terra: non germoglia mai.
Il blocco invisibile: la protezione mascherata
Cosa succede allora? Che i genitori tornano al confronto con gli altri. Iniziano a dubitare. A cercare conferme. A proteggere troppo, nel tentativo di “non sbagliare”. Ma in questa protezione, spesso, si mascherano anche le intenzioni reali dei figli. Non si lascia spazio all’autonomia, all’errore, alla scoperta. E tutto si ferma lì. Con la visione nel cassetto e il corpo fermo nella paura.
Il vero ostacolo: non il fare, ma il diventare coerenti
Il problema non è “fare”. Il problema è diventare genitori coerenti con quella visione. E questo richiede un passaggio interiore. Un “permesso” da darsi. Un atto di coraggio silenzioso:
“Posso essere un genitore nuovo. Anche se ho paura. Anche se sto ancora imparando.”
Spesso, questo passaggio richiede di lasciare andare vecchie identità: il genitore-sacrificato, che si annulla per “fare il massimo”; il genitore-perfetto, che vive ogni errore come fallimento. Nessuno di questi ruoli è reale. Sono solo armature. Ma una visione non può attecchire in un terreno coperto di armature. Serve spogliarsi un po’. Ritrovare il contatto. La verità.
Il cervello ha bisogno di coerenza tra immagine e azione
Quando visualizziamo qualcosa con intensità emotiva (come una visione potente sul nostro ruolo di genitori), il cervello attiva le stesse aree che si attiverebbero se lo stessimo facendo davvero.
👉 Ma se questa attivazione non è seguita da azioni coerenti, il cervello entra in una sorta di disallineamento interno, che può generare frustrazione, insicurezza e senso di colpa. Solo l’azione concreta e ripetuta rafforza le connessioni neuronali legate alla nuova identità che vogliamo costruire. Anche un solo piccolo gesto al giorno è sufficiente per iniziare a riscrivere il nostro sistema di convinzioni.
Il gesto ripetibile: il vero inizio del cambiamento
Un passo. Una parola. Un silenzio consapevole. Non serve stravolgere tutto. Basta iniziare. Un gesto ripetibile, fatto ogni giorno con intenzione, ha più potere di mille teorie. Può essere uno sguardo che lascia spazio. Una carezza che non corregge. Un “vai” detto con fiducia. Una scelta educativa che nasce da ascolto e non da paura. Quel gesto non cambia solo il bambino; cambia anche te. Ti radica nella visione che ti eri fatta o fatto. Ti rende fedele a ciò che hai visto.
Il passaggio chiave: dalla comprensione all’espressione viva
Essere un genitore consapevole non vuol dire “capire” cosa fare. Vuol dire diventare una manifestazione concreta di ciò che si è visto nel cuore. Non è una “incarnazione” astratta. È un’espressione viva, tangibile, coerente della tua nuova consapevolezza. Significa che ogni tua azione, ogni tua parola, ogni tuo gesto… porta il segno di quella visione. Anche quando sei stanco. Anche quando sbagli. Perché non è perfezione: è direzione.
La verità scomoda (che libera)
La verità è che, spesso, i genitori preferiscono restare nel proprio equilibrio apparente. Anche se faticoso. Anche se non li rispecchia più. Perché cambiare richiede energia. Richiede rinunce. Richiede fiducia. Ma se vuoi davvero potenziare tuo figlio, devi prima potenziare te stesso. Non con forzature. Ma con coerenza. Con radicamento
Oggi non ci sono libri particolari che ti propongo, ma una serie di studi scientifici che confermano che l’azione è una grande opportunità di crescita. Puoi scaricare il PDF che trovi qui per averne una panoramica ➔ STUDI SCIENTIFICI
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Compiti per la settimana
Prepara il tuo quaderno! Questa settimana prova a portare l’attenzione non su ciò che tuo figlio fa, ma su come lo guardi.
Osserva con sincerità:
➔ Ti capita più spesso di correggere, proporre, o semplicemente stare con lui?
➔ Quando tuo figlio è in silenzio, riesci a rimanere lì senza fare nulla?
➔ Ogni giorno, prenditi 5 minuti per stare accanto a lui in silenzio. Solo presenza, senza stimoli. Dopo, scrivi una parola o una breve frase su cosa hai sentito.
A fine settimana, rileggi tutto.
Potresti accorgerti che la relazione è già cambiata, anche senza fare nulla di nuovo.
Buona lettura e se hai qualche domanda o commento non esitare a scrivermi!
A presto, carlo
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