Benvenuto o benvenuta in naturale abilità!
In questo spazio troverai riflessioni e strumenti di coaching pensati per genitori di bambini con Trisomia 21.
Vuoi iniziare a scoprire il tuo potenziale come genitore? Scrivimi in privato se hai delle domande sarò lieto di risponderti personalmente!
Ti hanno inoltrato questa mail? Iscriviti gratis qui!
C’è un momento, nella vita di ogni genitore, in cui ci si chiede se “accettare” un figlio significhi davvero accoglierlo… o semplicemente smettere di credere nel suo potenziale.
Questa settimana ti propongo un articolo che nasce da una riflessione profonda, maturata nel mio lavoro quotidiano e nei tanti dialoghi con mamme e papà che sentono di amare i propri figli… ma a volte restano fermi, come paralizzati da una falsa idea di accettazione.
Come scrive Reuven Feuerstein:
“Accettare un bambino così com’è, senza spingerlo a cambiare, è il peggior insulto alla sua dignità umana. Noi dobbiamo credere che ogni essere umano può cambiare.”
_ da: Non accettarmi come sono, R. Feuerstein
E se fosse proprio questo il momento per guardare le cose da un’altra prospettiva?
Non basta accettare: quando l'amore si trasforma in passività
C'è un'immagine che mi torna spesso in mente: un vaso di terra, con dentro un seme prezioso. Alcuni genitori, dopo la diagnosi di Trisomia 21, si prendono cura del vaso con affetto, lo tengono vicino, lo osservano ogni giorno. Ma non lo annaffiano. Non credono che quel seme possa davvero germogliare. Dicono di accettarlo per com'è, ma è un'accettazione che non nutre, non stimola, non sostiene. E quel seme, seppur pieno di vita, non ha la forza di crescere da solo.
Accettazione passiva e disabilitante: riconoscerla per trasformarla
Nel mio lavoro con genitori di bambini con T21, incontro spesso una forma di accettazione che definisco "passiva e disabilitante". Si tratta di un atteggiamento che, pur mascherandosi da amore, rischia di bloccare il potenziale del bambino. Questa forma di accettazione si riconosce in comportamenti quotidiani e frasi ricorrenti come:
“Va bene così com'è, non voglio pretendere troppo.”
“Lui ha i suoi limiti, inutile insistere.”
“Meglio non affaticarlo: lasciamolo fare quello che gli piace.”
Sono frasi che rassicurano l’adulto, ma limitano il bambino. L'accettazione passiva è spesso una risposta emotiva al dolore della diagnosi, un modo per proteggere sé stessi dall’ansia del fallimento o dal senso di inadeguatezza. Tuttavia, col tempo, può trasformarsi in una forma di rassegnazione mascherata da amore.
Questa passività è disabilitante non perché il bambino non possa fare progressi, ma perché non viene messo nelle condizioni per poterli fare. E così si crea un circolo vizioso: le basse aspettative generano poca stimolazione, la poca stimolazione genera pochi progressi, e i pochi progressi rafforzano l’idea che “più di così non può fare”.
La ricerca scientifica lo conferma: famiglie con un approccio passivo o evitante hanno figli che sviluppano meno abilità cognitive e adattive nel tempo. Al contrario, strategie genitoriali attive sono associate a migliori risultati di sviluppo. (Fonte approfondimento)
Il confine dell'accettazione è dove inizia la relazione
Come già ho scritto in un articolo precedente, Il confine dell'accettazione è dove inizia la relazione, l'accettazione autentica non può essere un punto di arrivo. Diventa invece un punto di partenza, una soglia da attraversare per incontrare davvero nostro figlio. Lì, dove l’accettazione si trasforma in presenza attiva e ascolto quotidiano, nasce la vera relazione. Perché la relazione ha bisogno di movimento, di reciprocità, di cura. E ogni relazione viva è generativa, trasforma chi la vive.
La mia verità personale
Io non ho mai visto Izavia, mia figlia, come una bambina disabile. L'ho sempre vista come una bimba capace, con tempi diversi dai miei, ma con un potenziale tutto da esplorare. È proprio da questa visione che è nato il metodo naturale abilità®. Perché se io per primo non avessi creduto in lei, chi lo avrebbe fatto? Se io non avessi preparato il terreno, nutrito il seme, incoraggiato ogni piccolo germoglio, Izavia sarebbe stata semplicemente "accettata per com'è". Ma io non volevo questo per lei!
Questa visione, come ho già avuto modo di dire, non significa negare la realtà. Significa non lasciarsi imprigionare da essa. Significa guardare oltre la diagnosi, oltre le etichette, oltre le statistiche. Significa scegliere ogni giorno di credere in quel seme, anche quando sembra che non stia germogliando ancora.
Accettazione attiva e creativa: il vero un atto d'amore profondo
L'accettazione attiva è qualcosa di radicalmente diverso. Non è rifiutare la realtà, ma viverla con intenzione. È accogliere nostro figlio per ciò che è, ma anche per tutto ciò che potrebbe diventare se nutrito con stimoli, fiducia e tempo.
Accettare attivamente significa essere presenti, curiosi, aperti. Significa proporre esperienze, osservare le reazioni, valorizzare ogni piccolo progresso. È un atteggiamento che trasforma la genitorialità da semplice accompagnamento a co-costruzione del percorso di crescita. È un modo di amare che non si accontenta, ma che investe.
La letteratura parla chiaramente: famiglie che adottano un approccio proattivo e creativo riescono a generare un ambiente più stimolante, aumentando la resilienza sia nei figli che nei genitori. È stato osservato che questo atteggiamento promuove lo sviluppo cognitivo, relazionale e sociale del bambino. (Fonte approfondimento)
Quando un bambino con Trisomia 21 entra in famiglia
Nell’articolo: Quando un bambino con Trisomia 21 entra in famiglia, ho riflettuto su come ogni nascita porti con sé una trasformazione identitaria per i genitori. Accettare davvero la presenza di un figlio con T21 significa rinnovare il senso di appartenenza familiare, riscrivere le priorità e trasformare la vulnerabilità in forza generativa. L’accettazione passiva blocca questa trasformazione. L’attiva la rende possibile tutto!
Una riflessione scomoda ma necessaria
La verità - e non mene volete per questo - è che avere un figlio con T21 richiede più attenzione, più energia, più dedizione. Non sempre siamo pronti a fare questi passi. A volte per paura, altre per stanchezza, altre ancora perché abbiamo bisogno di proteggere gli equilibri familiari. Ma spesso, sotto la superficie, la vera motivazione è il bisogno di mantenere una certa zona di comfort.
Restare in un’accettazione passiva è più semplice. Non espone al giudizio. Non obbliga a cambiare le proprie abitudini. Non chiede sacrifici. Ma, proprio per questo, rischia di privare nostro figlio dell’opportunità di crescere davvero. Perché crescere, per lui, significa spesso più fatica, più ripetizione, più tempo. E anche più fiducia da parte nostra.
Credere che “tanto più di tanto non può fare” è il modo più sottile per frenare le sue possibilità. E talvolta questa frase viene detta per proteggere gli altri fratelli, per mantenere un equilibrio apparente, per non turbare troppo l’organizzazione familiare. Ma è un equilibrio fittizio, che a lungo andare diventa un freno invisibile.
L’imprinting invisibile e il ruolo dei genitori
In un articolo recente dal titolo: L’imprinting invisibile, ho parlato del modo in cui, senza rendercene conto, trasmettiamo ai nostri figli aspettative sottili che modellano il loro senso di sé. Quando un genitore guarda un figlio con passività, anche se non lo dice, lo comunica. Con lo sguardo, con i gesti, con la frequenza dell’interazione. E quel messaggio resta impresso nel bambino. La vera sfida è diventare consapevoli di ciò che trasmettiamo in modo invisibile. L’accettazione attiva è anche questo: saper riconoscere la nostra influenza profonda.
Siamo disposti a fare il lavoro che serve?
Questa è la domanda chiave. Siamo disposti a osservare in profondità i nostri atteggiamenti? A distinguere tra amore e rassegnazione? Tra accettazione attiva e passiva? A riconoscere che, a volte, ciò che sembriamo fare per amore è in realtà una forma di protezione del nostro stesso dolore?
Nell’articolo: Attrezzista!, ho cercato di spiegare l’idea che il genitore non sia solo uno spettatore del percorso del figlio, ma colui che prepara il terreno, costruisce gli strumenti, crea le condizioni per l’azione. L’accettazione attiva è anche questo: un gesto artigiano, una cura quotidiana nel fornire gli strumenti giusti perché il bambino possa esprimersi al meglio. Non serve spingere, serve attrezzare. Non serve forzare, serve predisporre. E questo è forse il gesto più potente di ogni genitorialità consapevole.
Vuoi andare più a fondo?
Ho preparato un test di auto-riflessione per aiutarti a comprendere meglio dove ti trovi in questo percorso. Lo puoi scaricare qui il Test di consapevolezza genitoriale: accettazione passiva o attiva? come allegato a questo articolo: un’occasione preziosa per fermarti, guardarti dentro con sincerità e fare un passo consapevole nel tuo cammino genitoriale.
Per concludere
Non accettare tuo figlio solo per com'è. Accettalo anche per ciò che può diventare. L'accettazione attiva e creativa è un atto rivoluzionario. È la mano che annaffia il seme, giorno dopo giorno. È la scelta consapevole di vedere luce anche dove altri vedono limiti. Perché ogni seme ha diritto a fiorire. Ma ha bisogno di acqua, cura e fiducia.
Per approfondire ti consiglio il libro di R. Feuerstein - Non accettarmi come sono
➤ I link ai libri di questa newsletter sono affiliati ad Amazon. Se compri su Amazon passando dai questi link puoi sostenere il mio lavoro con una piccola percentuale del tuo acquisto senza costi aggiuntivi.
E tu, sei pronto ad annaffiare quel seme?
•••
Compiti per la settimana
Da “Non accettarmi come sono” di Reuven Feuerstein:
Accettare una persona per com’è, senza impegnarsi a migliorarla, è come rinunciare alla sua dignità. L’educazione è l’arte di credere che ognuno può diventare di più.
La riflessione di questa settimana parte da qui: Non da ciò che fai per tuo figlio, ma da come lo guardi.
➡ Prova a osservare con sincerità:
Ti capita più spesso di proteggere, accompagnare, o attrezzare?
Ti senti più un genitore che custodisce, uno che incoraggia o uno che si limita a osservare?
➡ Metti per iscritto cosa cambia quando immagini tuo figlio oltre la diagnosi.
Quali nuove parole usi?
Cosa succede nella tua energia quando pensi a lui come a un essere in evoluzione, non in compensazione?
Scrivilo sul tuo quaderno!
Se ti va, inizia ogni riflessione con questa frase:
“Oggi scelgo di guardare mio figlio come un seme che può germogliare se…”
A fine settimana, rileggi ciò che hai scritto.
Potresti scoprire che la tua accettazione sta già diventando più attiva e generativa di quanto pensavi.
Buona lettura e se hai qualche domanda o commento non esitare a scrivermi!
A presto, carlo
•••
Se vuoi farmi sapere cosa ne pensi o se hai domande, suggerimenti sui temi da trattare, consigli e/o commenti di ogni tipo puoi contattarmi su Instagram o rispondere direttamente a questa e-mail.
Entriamo in contatto
Desideri approfondire come supportare al meglio tuo figlio con trisomia 21? scopri di più su naturale abilità® ➔ roots4life Gruppo Facebook
Per coaching, mentoring, consulenze, corsi di formazione e interventi dedicati ai genitori di bambini con trisomia 21, contattami direttamente via email all'indirizzo: carlo.ghiglietti@gmail.com oppure su Whatsapp
Se vuoi approfondire prezzi e i percorsi su GUMROAD segui questo link: naturale abilità®
Se sei interessato a candidarti per una sessione esplorativa gratuita 1:1 clicca qui: PRENOTAZIONE
•••
➤ Entra nella community Facebook di roots4life • Instagram ➤