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In questo spazio troverai riflessioni e strumenti di coaching pensati per genitori di bambini con Trisomia 21.
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Non siamo vittime dei nostri geni, ma padroni del nostro destino biologico.
(Bruce H. Lipton)
C’è un ambiente che cambia tutto
Spesso pensiamo allo sviluppo dei nostri figli come a qualcosa di già scritto. Soprattutto quando c’è una diagnosi come la Trisomia 21, ci viene detto cosa aspettarci, cosa sarà “più difficile”, cosa potrà forse non accadere mai. Ma la verità è che lo sviluppo non è un copione fisso. È un processo vivo, relazionale, trasformabile. E ciò che lo nutre ogni giorno non sono solo terapie o protocolli, ma l’ambiente emotivo, sensoriale, motorio, narrativo e affettivo in cui i nostri figli crescono.
In questa newsletter trovi una scheda pratica, pensata per aiutarti a riconoscere e attivare le sei aree ambientali che fanno la differenza. Non servono strumenti speciali, ma come sempre presenza, curiosità e piccole scelte quotidiane.
E guarda cosa accade.
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Non è scritto nei geni
Ti sei mai sentito dire che tuo figlio non potrà fare certe cose? Che c'è qualcosa di già scritto, definito, immutabile?
C'è un pensiero che si affaccia, spesso in silenzio, nel cuore e nella mente di tanti genitori: l'idea che la Trisomia 21 sia una condanna genetica. Un'etichetta che definisce tutto, fin dall'inizio. Un confine, una linea netta che separa ciò che è possibile da ciò che non lo sarà mai. Come se quella copia in più del cromosoma 21 si trasformasse in uno zaino pesante, che nostro figlio o nostra figlia dovranno portare per tutta la vita. Uno zaino pieno di diagnosi, di previsioni, di frasi definitive. E più lo zaino pesa, più ci sembra che il loro cammino sia già tracciato.
Eppure, la verità è un'altra. Una verità che la scienza oggi ci aiuta a riconoscere, e che come genitori possiamo imparare ad abitare. Non tutto è scritto nei geni. Anzi: molto di ciò che siamo e diventiamo dipende da altro.
Forse non lo diciamo abbastanza, ma tutte le cellule del nostro corpo, all'inizio, sono identiche. Ogni cellula porta in sé lo stesso patrimonio genetico: una copia completa del DNA umano. Eppure, alcune diventano neuroni, altre cellule della pelle, altre ancora muscoli, occhi, fegato.
Come accade questa differenziazione se il DNA è identico?
La risposta sta in una parola straordinaria: epigenetica. "Epi" significa "sopra", e l'epigenetica è proprio questo: lo studio di tutto ciò che, pur non modificando la sequenza del DNA, ne influenza profondamente l'attività. Come se il nostro codice genetico fosse un grande libro: l'epigenetica è ciò che decide quali pagine leggere, quali saltare, quali sottolineare, quali lasciare chiuse. E questa regia è influenzata dall'ambiente: dal nutrimento, dal movimento, dal tocco, dalle relazioni, dall'affetto, dal ritmo delle giornate. Altro sull’epigenetica link European Science in School ➔ Epigenetica
“Il genoma fornisce le istruzioni. L’epigenoma decide come e quando usarle.”
– Richard C. Francis, biologo e autore di Epigenetics: The Ultimate Mystery of Inheritance
Le cellule staminali, quelle da cui tutto ha origine, sono come bambini appena nati: hanno in sé ogni potenzialità, ma diventeranno ciò che l'ambiente saprà nutrire. Qui entra in gioco una metafora potente. Una di quelle immagini che aiutano a sentire, oltre che a capire. Tutte le api femmine, nell'alveare, hanno lo stesso identico DNA. Ma solo una diventa regina. Perché? Perché viene nutrita esclusivamente con pappa reale, un alimento speciale che attiva certi geni e ne silenzia altri. Non cambia il codice, ma cambia ciò che viene espresso. Cambia la traiettoria.
E se vale per le api, vale anche per i nostri figli. Anche con la Trisomia 21.
Ciò che offriamo come ambiente - inteso in senso ampio: relazioni, stimoli, cura, contesto - può attivare risorse, consolidare capacità, promuovere nuove connessioni neurali. Anche se un gene è presente in più, non è detto che debba suonare sempre ad alto volume. Possiamo modulare, armonizzare, creare bellezza anche nella complessità.
Nel mio lavoro ho imparato a riconoscere sei aree ambientali che possono fare la differenza nel sostenere lo sviluppo dei bambini con Trisomia 21. Ho raccolto queste sei aree in una risorsa pratica, pensata per accompagnarti passo dopo passo nella creazione di un ambiente quotidiano che nutre e potenzia.
➔ Prendi il tuo quaderno! I tuoi compiti della settimana li trovi nella scheda completa a questo link: SCHEDA
L'ambiente relazionale affettivo: fatto di sguardi, tempo esclusivo, contatto, presenza.
L'ambiente sensoriale stimolante: colori, suoni, tatto, odori che nutrono i sensi e il cervello.
L'ambiente motorio organizzato: movimento libero e guidato che attiva connessioni e sostiene il linguaggio.
L'ambiente cognitivo narrativo: parole, storie, immagini, letture condivise che aprono mondi.
L'ambiente nutriente e biochimico: cibo semplice, ritualità, attenzione ai bisogni del corpo.
L'ambiente di calma e ritmo: routine, silenzi, momenti prevedibili che generano sicurezza.
Queste aree non sono un'aggiunta terapeutica. Sono il terreno stesso della crescita. Ogni giorno, possiamo scegliere che tipo di pappa reale offrire a nostro figlio. E non serve essere perfetti: serve essere presenti.
Però, c'è ancora un ostacolo più profondo da superare. Ed è quello sguardo vecchio, spesso inconsapevole, che continua a definire i nostri figli solo in base a una diagnosi. Quello sguardo che trasforma l'informazione genetica in un'identità rigida. Quello che mette lo zaino sulle spalle prima ancora che abbiano imparato a camminare. Quello che dice: "sarà sempre così".
Ecco: è questo zaino che dobbiamo smontare con fermezza. I nostri figli non sono il loro cariotipo. Non sono numeri, curve di sviluppo, previsioni. Sono persone intere. In cammino. E noi, come adulti di riferimento, possiamo scegliere se restare fermi dentro l'idea di disabilità, o se abbracciare una nuova visione: quella della potenzialità in atto.
Non si tratta di illudersi. Si tratta di scegliere dove guardare. E soprattutto: come guardare. Il potenziale non è tutto espresso alla nascita. Lo sviluppo è un processo continuo, vivo, sorprendente. E ogni volta che uno sguardo si posa con fiducia, ogni volta che una relazione accoglie senza giudizio, ogni volta che una mano si tende per accompagnare, qualcosa cambia. Dentro. E fuori.
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Libro
La biologia delle credenze di Bruce H. Lipton - Un classico della divulgazione epigenetica. Lipton, biologo cellulare, spiega come le percezioni, le emozioni e l’ambiente possano modificare l’espressione dei geni. Anche se ha un taglio più spirituale in certi passaggi, è supportato da basi scientifiche solide e porta esempi comprensibili, molto utili per i genitori che vogliono sentirsi parte attiva del benessere del figlio. Perfetto per introdurre concetti epigenetici a chi non ha una formazione scientifica ma vuole approfondire con serietà. Qui trovi la scheda del libro
Qui potrai scaricare un PDF la scheda del libro con il riassunto dei concetti più importanti del libro ➔ SCHEDA DEL LIBRO
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.. aspetta, aspetta! Prima di andare via mi interessa il tuo parere!
Grazie di essere stato fino alla fine!
A presto, carlo
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In this space, you’ll find reflections and coaching tools designed for parents of children with Down Syndrome.
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We are not victims of our genes, but masters of our biological destiny.
(Bruce H. Lipton)
There’s an Environment That Changes Everything
We often think of our children’s development as something already written. Especially when there’s a diagnosis like Down Syndrome, we’re told what to expect, what will be “more difficult,” what might never happen. But the truth is, development is not a fixed script. It’s a living, relational, and transformable process. And what nourishes it every day isn’t just therapies or protocols, but the emotional, sensory, motor, narrative, and affectionate environment in which our children grow.
In this newsletter, you’ll find a practical guide, designed to help you recognize and activate the six environmental areas that make a difference. You don’t need special tools – just presence, curiosity, and small daily choices.
And watch what happens.
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It’s Not Written in the Genes
Have you ever been told that your child won’t be able to do certain things? That something is already written, defined, unchangeable?
There’s a thought that often quietly arises in the hearts and minds of many parents: the idea that Down Syndrome is a genetic sentence. A label that defines everything from the start. A boundary, a sharp line separating what’s possible from what will never be. As if that extra copy of chromosome 21 became a heavy backpack that our son or daughter will have to carry for life. A backpack full of diagnoses, predictions, definitive statements. And the heavier the backpack, the more it seems their path is already set.
Yet, the truth is different. A truth that science now helps us recognize, and that we as parents can learn to embrace. Not everything is written in the genes. In fact, much of who we are and become depends on something else.
Maybe we don’t say it enough, but all the cells in our body, at the beginning, are identical. Every cell carries the same genetic material: a complete copy of human DNA. Yet, some become neurons, others skin cells, others muscles, eyes, liver.
How does this differentiation happen if the DNA is the same?
The answer lies in an extraordinary word: epigenetics. “Epi” means “above,” and epigenetics is exactly that: the study of everything that, while not altering the DNA sequence, deeply influences its activity. As if our genetic code were a big book: epigenetics decides which pages to read, which to skip, which to highlight, which to keep closed. And this orchestration is influenced by the environment: by nourishment, movement, touch, relationships, affection, the rhythm of daily life.
More on epigenetics ➔ European Science in School
“The genome provides the instructions. The epigenome decides how and when to use them.”
– Richard C. Francis, biologist and author of Epigenetics: The Ultimate Mystery of Inheritance
Stem cells, from which everything originates, are like newborns: they hold every potential, but they become what the environment knows how to nurture. Here comes a powerful metaphor. One of those images that help you feel, as well as understand. All female bees in the hive have the exact same DNA. But only one becomes queen. Why? Because she is fed exclusively with royal jelly, a special food that activates certain genes and silences others. The code doesn’t change, but what’s expressed does. The trajectory changes.
And if it’s true for bees, it’s true for our children. Even with Down Syndrome.
What we offer as an environment – in the broadest sense: relationships, stimuli, care, context – can activate resources, consolidate abilities, promote new neural connections. Even if a gene is present in extra, it doesn’t have to always play at full volume. We can modulate, harmonize, create beauty even within complexity.
In my work, I’ve learned to recognize six environmental areas that can make a difference in supporting the development of children with Down Syndrome. I’ve gathered these six areas into a practical resource, designed to guide you step-by-step in creating a daily environment that nourishes and empowers.
➔ Grab your notebook! Your weekly tasks are in the full guide at this link: [GUIDE]
The relational and affectionate environment: made of shared glances, exclusive time, touch, presence.
The stimulating sensory environment: colors, sounds, touch, scents that nourish the senses and brain.
The organized motor environment: free and guided movement that activates connections and supports language.
The cognitive and narrative environment: words, stories, images, shared readings that open worlds.
The nourishing and biochemical environment: simple food, rituals, attention to bodily needs.
The calming and rhythmic environment: routines, silences, predictable moments that generate safety.
These areas are not a therapeutic add-on. They are the very ground of growth. Every day, we can choose what kind of royal jelly to offer our child. And we don’t need to be perfect: we need to be present.
But there’s an even deeper obstacle to overcome. It’s that old, often unconscious gaze that continues to define our children only based on a diagnosis. That gaze that turns genetic information into a rigid identity. That puts the backpack on their shoulders before they’ve even learned to walk. That says: “it will always be like this.”
This is the backpack we must dismantle with determination. Our children are not their karyotype. They are not numbers, developmental curves, predictions. They are whole people. On a journey. And we, as reference adults, can choose whether to stay trapped in the idea of disability or embrace a new vision: one of potential in action.
It’s not about delusion. It’s about choosing where to look. And above all: how to look. Potential is not fully expressed at birth. Development is a continuous, living, surprising process. And every time a gaze rests with trust, every time a relationship welcomes without judgment, every time a hand reaches out to support, something changes. Inside. And outside.
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For more information, contact me directly via email at: liftmeup.elevate@gmail.com or on WhatsApp.